giovedì 7 novembre 2013

Cinema e Babele, passando per Eiffel.


Se dico “cinema” penso innanzitutto ad un luogo. La fusione di ambiente e pellicola, contenitore e contenuto in un'unica parola è d'altronde un fatto legato alla storia di questa arte visto che, ufficialmente, la storia del cinema si identifica strettamente con uno stabile situato al 14, boulevard des Capucines (9° arrondissement) [in zona "Madeleine", ma anche "Opéra"], al Salon des indiens del grand café a Parigi, dove Auguste e Louis Lumière, giovani lionesi di circa trent'anni, proiettano per la prima volta, di fronte ad un pubblico (35 persone) pagante (1 franco) delle pellicole (una decina) che riproducono scene di vita.

Era il 28 dicembre 1895.  A breve compirà 118 anni!  La più giovane fra le arti, se si escludono il web e le sue evoluzioni. Eppure, quando nasce, non è arte, ma una tecnologia capace di fissare il movimento su pellicola (come fa già la fotografia, che fissa però un'immagine statica). Se fosse nato "arte", per questioni strettamente cronologiche, l'avremmo identificato col decadentismo, col simbolismo, in cerca di somiglianze e differenze, ma come abbiamo già detto, non è in queste vesti che viene al mondo.  

Sappiamo che è di nazionalità Francese, ma è successo per caso. "Questione di tempo" potremmo dire. In America, Thomas Edison e compagni lavoravano a ritmi serrati nella stessa direzione. A lui (e Dickens, suo collaboratore) si deve la nascita della pellicola perforata, oltre a varie invenzioni come fonografo, lampadina etc etc ... che gli valgono il titolo ambiguo di "Mago" (Pare si attribuisse anche meriti non propri)  Inoltre, nel 1891 crea il Kinetografo: La prima vera macchina da presa.
KINETOSCOPIO
Fra 1893 e 1894, mette in commercio il kinetoscopio, che permette la visione individuale dei film girati col kinetografo. Questo attrezzo a forma di scatola che funziona inserendo monetine, viene istallato presso negozi o primordiali centri commerciali, consentendo la visione individuale (uno spettatore la volta) di film. Per incassare di più, Edison pensa bene di frazionare le pellicole disponendole in più scatole. 
I Lumière mettono fine ai suoi guadagni, imponendo una visione "collettiva" ed unitaria, all'interno di una sala, che i vari centri commerciali si affrettano ad assemblare, e forse è per questo che Edison dice di non credere al cinema. Il suo è un punto di vista imprenditoriale, una questione economica.
In ogni caso, i tempi erano maturi per la nascita del cinema. Forse è stato un caso, o una questione di tempo, comunque,  alla fine è a Parigi che è nato. 

Si chiama Cinémathographe, che deriva dal greco: Kinema (movimento) Graphein (scrittura), e viene usato la prima volta, per un brevetto  del 1892 depositato da G Bouly. Il suo sistema non si afferma, ma il nome si. I Lumière depositano il nuovo brevetto nel febbraio del 1895, limitandosi a togliere la “y” iniziale, che diventa “i”.

Nel 1897 sarà inaugurato nel quartiere di porte St Denis a Parigi (nord)  il “cinéma Lumière”: La prima sala cinematografica al mondo. In questo stesso anno, un incendio (la pellicola è infiammabile) provoca 120 morti! Il pubblico si disaffeziona a questa novità, e per l'aggravante di essere oggettivamente pericoloso, viene relegato a fenomeno da circo, vagando insieme alle fiere. Inutile sottolineare il disprezzo degli intellettuali per questo svago popolare. 

Continuano però i lavori per migliorarlo da un punto di vista tecnico. Stranamente, i Lumière non credono al futuro della loro invenzione, quindi saranno a altri a portarla avanti. 
Nuovo cinema Paradiso -1988 Giuseppe Tornatore- evoca lo spettro delle pellicole che bruciano, tanto che Philippe Noiret, ovvero "Alfredo", l'uomo che proietta film al "Nuovo cinema paradiso", rischierà di perdere la vita per questo, e comunque rimarrà cieco. Nel più recente Bastardi senza gloria. -2009 Quentin Tarantino- l'espediente della pellicola "ardente" viene usato per compiere un invasato sogno di vendetta contro Hitler ed il nazismo tutto. Dispiace sentirsi così appagati durante la visione, ma questo (mi) accade. 

Nel 1910 finalmente, la dicitura di “settima arte”, ovvero: Legittimazione e fine del cinema dei pionieri,  quindi creazione delle basi per la nascita di una vera industria  cinematografica.
Ricciotto Canudo, italiano, scrive il primo saggio sul cinema, ancora disprezzato dagli intellettuali, provando così a definire quest’arte giovane e ancora tutta da scoprire. 

Se H.Taine aveva ragione anche solo un po' nell'affermare che razza, ambiente e momento storico, incidono in modo "determinante" (Da cui il "determinismo") sull'individuo, immaginando il cinema come un petit enfant, non possiamo non chiederci, quali siano le condizioni storico/sociali che lo pongono in essere. 

Mi sembra interessante riassumere in qualche punto la situazione che Parigi sta vivendo sul finire di questo secolo “difficile”, non che siano mai esistiti secoli...“Facili”.

E. Delacroix. La libertà che guida il popolo -1830- 
Parigi ha subito tre rivoluzioni (1830/1848/1870) lungo un secolo che ha visto "morire" la monarchia, passando per due colpi di stato che hanno portato al potere Napoleone I 1801/1814  e Napoleone III 1851/1870, due imperatori che il popolo ha  molto amato, e/o molto odiato. Infine, dopo tanti spargimenti di sangue, e due tentativi durati molto poco, ha assistito al definitivo affermarsi della Repubblica

Volendo riassumere quello che succede nelle arti  con la logica dello schema scolastico, l’ottocento francese inizia all’insegna del romanticismo (Niente a che fare con Moccia, lucchetti e baci perugina. Di questi amori si muore, e chi lo sceglie, è divorato di ambizioni, vedi Victor Hugo) a Seguire, il realismo (scuola) ed il parnasse, (tendenza poetica antiromantica), poi il Naturalismo (Zola e l'illusione di usare il metodo scientifico per scrivere romanzi) Soprannaturalismo (ovvero un gruppetto di fanatici di religione nonché visionari. Anche loro scrivono all'insegna della reazione, questa volta, al naturalismo) e poi il decadentismo, che presto confluirà nell'ermetico simbolismo, sul finire di un secolo in cui la scienza impone la sua ombra su tutto il resto, (Come succede alla fine di "Mme Bovary" quando Homais, il farmacista, emblema della borghesia tanto detestata dallo scrittore, si impone su tutti come una forza "ottimista" e minacciosa, corrosa dal suo stesso buonumore) 

Che ha di così orribile la borghesia? Perché è tanto detestata da quasi tutti gli scrittori ed artisti del secolo? E' che, da uomini di lettere e cultura, essi non gradiscono il trionfo dell' "Valore" se riduce l'uomo ad una mera questione economica e di cattivo gusto. Di reazione in reazione, arriva l'era del Dandy, moda inglese che approda in Francia per via di un saggio su George Brummel... Stile eccentrico, maniacale e dis-interessato consumo di denaro, anche quanto il denaro non lo si ha (Celebre l'esempio di Balzac che, racconta George Sand in "Histoire de ma vie", comprava vasi di porcellana molto costosi, anche se era sommerso di debiti). Baudelaire, così come Des Essenties, (Uno, l'autore de: I fiori del male, l'altro, personaggio di un romanzo di Huysmans) si lasciano vivere incuranti delle regole comuni.  Pagheranno un prezzo, ma fingeranno di non farci caso. 
"Voi siete la maggioranza, ma occorre che impariate a sentire la bellezza" scrive Baudelaire rivolgendosi al borghese. 

Tanto divagare per mettere il luce il motivo per cui, banalmente, il cinema non può ancora essere concepito come un' arte! E' figlio di impresari e borghesi. E' tecnologia fatta di ferro e realtà, ed i tempi non sono maturi affinché se ne colga il potenziale. Tutt'altro. 

Coetanea del cinema, la Tour Eiffel. 

Progettata dall' ingegnere Gustave Eiffel, voluta dalla terza Repubblica per omaggiare la prima Repubblica (nata dalla rivoluzione francese del 1789)  Evidentemente, il solo modo per omaggiare un'epoca, è quello di rievocarne lo spirito. Lo spirito di allora era quello dei lumi, dell'enciclopedia che, anni luce prima del web, ambiva a riunire tutto il sapere umano in preziosi volumi che sono l'embrione, se vogliamo... di wikipedia! (sdrammatizzo, ma neanche tanto). Per rievocare questo spirito, si è pensato ad una esposizione internazionale.
La prima si era tenuta a Londra, nel 1851. In Francia ce n'era già stata una nel 1855. Questa volta però l'impresa contiene un messaggio fra le righe rivolto al mondo, ovvero: la Francia è sopravvissuta alla caduta di Napoleone III, agli scontri interni della Comune, e la III Repubblica vive uno stato di pace, e di forte competitività quanto a scienze ed industrie. Il sogno dei lumi è stato infine realizzato. 

Per motivare l’opinione pubblica e per colpire l’immaginario, si comincia a parlare della costruzione di una torre alta mille piedi come simbolo dell' esposizione, una specie di babele (notoriamente: simbolo della sfida dell’uomo a Dio, ma anche il simbolo della perdita di unità linguistica che, se vogliamo, ci riporta al simbolismo di un Mallarmé, per esempio.).
Eiffel, si assume nel 1887 l'incarico di costruire la torre. Si impegna ad ultimare l’opera entro  il 1889. Deve rispettare un budget di spesa, che invece risulterà tre volte maggiore rispetto ai progetti iniziali, ed in cambio disporrà di 20 anni di usufrutto della struttura, allo scadere dei quali, la gestione passerà in mano alla città.

Il tempo di scavare le fondamenta, ed iniziano le proteste.
Riporto un estratto della celebre lettera aperta indirizzata ad Alphonse Alphand, direttore generale dei lavori per l’esposizione internazionale del 1889, pubblicata sulla rivista “Le temps” in data 14 febbraio 1874 ed intitolata :
“La protestation des artistes”
Noi scrittori, pittori, scultori, architetti, amanti della bellezza di Parigi che è stata sin qui inviolata, intendiamo protestare con tutte le nostre forze, con tutto il nostro sdegno, in nome del misconosciuto buon gusto dei francesi, in nome dell’arte e della storia francesi minacciate, contro l’erezione, nel cuore stesso della nostra capitale, dell’inutile e mostruosa Tour Eiffel […] Può la città di Parigi associarsi all’immaginazione barocca, alle mercantili fantasie di un costruttore di macchine, insozzandosi irrimediabilmente, disonorandosi?
Poiché la Tour Eiffel, che neppure l’America dall’anima commerciale vorrebbe, è senza alcun dubbio il disonore di Parigi. Ognuno lo sente, ognuno lo dice, ognuno ne è profondamente rattristato, e dunque noi, non rappresentiamo che una flebile eco dell’opinione universale così legittimamente in allarme. E quando gli stranieri verranno a visitare la nostra Esposizione, esclameranno colmi di stupore: “E’ dunque questo l’orrore che i francesi hanno concepito per dimostrarci il buon gusto di cui si fanno vanto?” E saranno nel giusto se rideranno di noi, perché la Parigi di Puget, di Germain Pilon, di Jean Gujon etc.  sarà divenuta la Parigi del signor Eiffel[…]

Fra i firmatari: Dumas figlio, Leconte de Lisle, Maupassant (Che andrà spesso a fare colazione nel bar sulla torre perché, dirà: “è il solo posto di Parigi da cui è impossibile vederla”)  
In questa lettera si avverte  anche che i monumenti  francesi  sarebbero tutti umiliati dallo sventolare di un “Gigantesco camino di fabbrica”
Il 15 maggio del 1889  la torre viene ufficialmente inaugurata. Interamente metallica, scandalosa per altezza (300 mt, oggi 320), illuminata da novantamila lampade a gas in vetro opalino.

Questa la dichiarazione di Eiffel:
 “Ho voluto redigere la gloria della scienza moderna e per l’altissimo onore dell’industria francese, un arco di trionfo ancora più spettacolare di quello delle generazioni che mi hanno preceduto hanno dedicato ai conquistatori

Leggere questa lettera, mi sembra, ci aiuta a capire in che misura persino gli artisti più affermati, siano a volte ostili alla modernità : Noi scrittori, pittori, scultori, architetti, amanti della bellezza di Parigi” ed alla borghesia, che combacia con l’imprenditoria: “Poiché la Tour Eiffel, che neppure l’America dall’anima commerciale vorrebbe, è senza alcun dubbio il disonore di Parigi.” Idem per “Gigantesco camino di fabbrica”

Infine, i timori dei più si sono avverati. Parigi è diventata "anche" la città del signor Eiffel. La torre è ancora odiata dai francesi, ma amata dai turisti e motivo di tentazione per i terroristi. Oggetto di cartoline e feticci vari, racconta del potere dei sogni e di certe ambizioni. Viene da sorridere sulla relatività dei nostri gusti, così variabili nel tempo, e così influenzabili dopotutto. 

Cinema ed Eiffel, si troveranno a convivere, in zona "Nouvelle Vague", quando, ormai degne entrambe di stima generale, daranno vita all'ennesima utopia rivoluzionaria francese, quella del '68.


Lo cito sempre, perché lo adoro: The dreamers di Bertolucci. Inizia con una macchina da presa che percorre la torre e la sua struttura metallica, associando alle immagini la musica di Jimy Henrdix, in cui a volte sembra di intuire l'anima del metallo che sta nelle corde. 
La m.d.p si spinge fino al Palais de Caillot, che le sta di fronte, ed è lì che risiede il cinéclub di Langlois, ai tempi, luogo di incontro dei giovani turchi della nascente Nouvelle Vague. 

In questo link: Hugo Cabret & The artist... ti potrebbe interessare! 

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