Dopo il ciclo Doinel, mi occupo di: "L'uomo che amava le donne" ( 1977) un film che, attraverso la figura dell' enigmatico e a tratti "oscuro" Bertrand Moraine (Charles Denner), è per molti versi comparabile ad Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud), e quindi, in qualche modo, a Truffaut stesso.
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La sceneggiatura nasce da un'idea di Truffaut, aiutato da Michel Fermaud e Suzanne Schifman, a cui si deve, sencondo il regista, il merito di aver reso i personaggi femminili più attivi ed interessanti.
In un secondo momento, la sceneggiatura sarà trasformata in "Ciné-roman", cioè un romanzo che nasce dal film: processo inverso rispetto alla tradizionale tendenza che il cinema ha di adattare libri per lo schermo. Dunque una creazione personale del regista, che come il suo amato Stendhal vive un sentimento di forte ambivalenza nei confronti del discorso autobiografico, fra ripugnanza e costante tentazione di parlare di sé.
La trama:
La trama:
Natale del 1976. Al cimitero di Montpellier, Bertrand Morane sta per essere inumato e a salutarlo arrivano molte sue amanti di un tempo. Le vediamo sfilare ai margini della fossa, riprese dal basso, dunque dal p.d.v. del morto, che avrebbe di certo apprezzato la sfilata di tutte quelle gambre (parte del corpo femminile verso cui personaggio e regista, hanno una particolare venerazione). Nel frattempo, una voce off, che appartiene a Genéviève (Brigitte Fossay) sua ultima amante, ci introduce alla storia di Bertrand. La donna ci informa che l’uomo era un ingegnere collaudatore di modellini di aereo, ci dice anche che le sue uniche due passioni erano: i libri e le donne. Non era sposato, né giovanissimo, ma nel corso del film, che inizia dalla fine, e si svolge come un lungo flashback sulla sua vita, non fa che corteggiare chiunque abbia gambe abbastanza seducenti ai suoi occhi ("Aurore" è forse l'unica eccezione: Di lei l'attrae il suono della voce e il fatto che, come il sole, lo sveglia ogni mattina -tramite telefono- per annunciargli il tempo del risveglio).
Un anno prima (così inizia il Flashback), in una tintoria, Bertrand è rapito dalle gambe di una donna, tanto da registrarsi il numero di targa della macchina di lei, e, come in una detective story, fa di tutto per rintracciarla. Ci riesce con un sotterfugio (fingendo un incidente d’auto) ma all’appuntamento ottenuto a fatica, si presenta una donna che indossa pantaloni bianchi. Per lui è un' enorme delusione. Parlando con questa estranea, comunque bellissima, scoprirà che quel giorno alla guida della macchina c'era sua cugina, ormai ripartita per il Canada. Per conosolarsi Bernard esce con un'altra donna (Sabine Glaser), conosciuta all’agenzia di assicurazioni, e da cui aveva ottenuto il numero di telefono delle “Gambe” della donna della tintoria. Lei gli parla di un’isola abitata da sole donne. Vorrebbe andarci, dice, ma adora gli uomini e di loro non sa fare a meno. Lui critica gli occhiali di lei, troppo grandi e glie ne crea di finti col fil di ferro (frequente nei suoi film, la simbologia degli occhiali che rimandano alla necessità di vedere le cose da un'altro punto di vista). Bertrand decide di non dormire da lei (come Jim farà con Gilberte, in “Jules et Jim”). Di Aurore ho già parlato, essendo solo la voce della sveglia telefonica, finisce con l'alimentare la sua fantasia, senza contare il fattore "Romantico" legato all'aurora, dunque al doloroso saluto degli amanti, quando le prime luci del giorno nascevano, ( infatti, sarà lui ad attribuirle questo nome). In verità, la storia con lei rimarrà una semplice fantasia.
In un centro commerciale, Bertrand stacca un numero da un foglio appeso su un muro in cui una ragazza si offre come baby sitter. Quando questa va a casa sua, le dirà: “il bimbo sono io”.
In un centro commerciale, Bertrand stacca un numero da un foglio appeso su un muro in cui una ragazza si offre come baby sitter. Quando questa va a casa sua, le dirà: “il bimbo sono io”.
Nel frattempo esce con Hélène (Geneviève Fontanel), proprietaria di un negozio di biancheria intima, ma non riesce nel suo intento di seduzione perché lei è attratta solo da uomini più giovani. Si vede orribile, rifiuta il passare del tempo (figura forse fra le più attuali del film) e lui la bacia, dicendole che è bellissima. L’esperienza di questo strano rifiuto, non lascia Bertrand indifferente, tanto che decide di scrivere un libro così che possa ricordarsi in futuro, di tutte le donne che ha amato. Come per Doinel, scrivere e vivere sembrano ai suoi occhi, due azioni incompatibili, per questo si mette con la sua macchina da scrivere (altro elemento che rimanda a Doinel -scena del furto nè "I 400 colpi") nella stanza più inospitale della sua casa, cioè il bagno, e qui scrive giorno e notte, come se fosse colto da una febbrile eccitazione.
La scrittura del libro crea l’occasione per ennesimi Flashback nella mente del personaggio che rivive i suoi passati amori come se sfogliasse una rubrica piena di nomi legati a donne, che in passato ha amato, (fiscamente più che emotivamente), e sono tante, somigliano a un elenco della spesa, o se vogliamo, al romanzo di Roché "Jules et Jim", dove l'elencazione di donne amate da Jim (più che da Jiules, che in questo è sempre stato poco portato) è a volte quasi noiosa e che verrà molto sapientemente condensata nell'omonimo film, da cui il suo fascino. (Il film è più interessante del libro a mio avviso)
Il suo primo ricordo riguarda una prostituta: Ginette, che lo riceve in una stanza vuota, senza libri (e per Truffaut si tratta di un'assenza carica di significati). La memoria lo riporta per forza di cose alla prima donna: sua madre (Christine Morane), bella e sensuale, una donna dall' intensa vita amorosa, che girava seminuda per casa e lui, in silenzio la contemplava mentre leggeva, scoprendo così il desiderio sessuale e anche il rifiuto d’amore da parte di lei che lo trattava come se non esistesse affatto. (Elemento autobiografico)
In seguito, la sua prima fidanzata, (Un caso?) anche lei si chiama Ginette, e per stare in sua compagnia, lascia che il fratellino pianga nell’altra stanza. Attraverso Ginette, egli capisce che ama tutte le donne, ama guardarle. Associa le donne agli animali, che in inverno vanno in letargo e in primavera rifioriscono con le gambe scoperte: “Le gambe sono compassi che misurano il globo terrestre”, afferma. Quanto al seno: in estate lo preferisce grande, d’inverno piccolo. Ed è attratto dalle sconosciute. Come Antoine Doinel (il giorno del suo divorzio da Christine), Bertrand vede due che si sposano e commenta: “Ecco due che credono a Babbo Natale”
In seguito ricorda di Fabienne, insegnante di solfeggio al conservatorio (la moglie di Doinel era invece violoncellista e insegnava anche lei lo strumento ai suoi allievi), e poi Nicole, vedova sordo-muta, che lavora come maschera al cinema (Bertrand è andato a vedere un documentario, genere che non ama, proprio come il regista) La donna, per vedersi con Bertrand fa punire il figlio in collegio (ancora allusioni a sua madre, tant’è che Bertrand pensa a sua madre che conservava i biglietti d’amore dei suoi amanti, e ora lui si comporta allo stesso modo) ...e poi Liliane.
Nel frattempo, un poliziotto avverte l'uomo che Delphine è uscita dal carcere. L’aveva conosciuta in un ristorante mentre era col marito (la scena ricorda "La signora della porta accanto"), e con lei vive una storia al limite del possibile, giacché la donna, gelosa e possessiva, ama le situazioni a rischio, e considera l’amore come una malattia (“dopo” ha le guance molto rosse e deve prendere vento per tornare normale). Finirà con l'uccidere suo marito in un momento di follia. Con lei Bertrand non si era mai annoiato, e un po’ ne sente la mancanza dopo l’arresto. Quella sera stessa, Delphine compare in cucina, cambiata del tutto, e siccome Bertrand è con una donna, andranno a letto tutti e tre insieme.
Scrivendo il libro, Bertrand ricorda anche di quella volta in cui aveva contratto una malattia venerea che lo aveva costretto all’astinenza sessuale. Questo il commento del dottore: “...Hanno inventato il lavoro perché non si può fare solo sesso, tutto il giorno”
La segretaria che sta trascrivendo il libro di Bertrand è imbarazzata per l'argomento scabroso, quindi declina l'incarico: La sua prima lettrice non apprezza l'opera e lui ne è sconcertato, comunque finisce di scrivere il suo lavoro in una settimana. Il titolo che gli attribuisce è: "Lo stallone", e lo spedisce presso varie case editrici.
Geneviève Bigey (la voce off di inizio film) lavora presso le ediz. Bétany di Parigi e, vincendo le reticenze dei colleghi maschi (leggono insieme il pezzo della baby sitter “L’enfant c’est moi”), ottiene di pubblicare il libro di Bertrand, il quale si reca a Parigi per il contratto e qui, per caso, incontra Vera (nome simbolico come quello di Aurore), cioè la donna Americana per cui aveva sofferto, e per cui aveva lasciato la capitale tempo prima, eppure nel libro non l'aveva menzionata, perché dimenticata o Freudianamente rimossa. Geneviève gli impedisce di rimaneggiare il libro perché è ormai troppo tardi, ma lo rassicura, dicendogli che ci saranno altre occasioni per scrivere di Vera. Vedendo il libro prossimo alla stampa, Bertrand cambia solo un dettaglio: il colore del cappotto di una bambina, che da rosso diventa blu. (Questo ricorda "La signora della porta accanto" perché Mathilde a differenza di Bertrand, non capisce che l'arte ha il potere di trasfigurare la realtà, perché é il messaggio finale la cosa che conta. Lei invece non poteva cambiare il colore del sangue da rosso a bianco, perché troppo legata alla realtà)
L'ambizione del libro di Moraine, dovrebbe essere, secondo Geneviève, quello di cambiare le regole del rapporto uomo-donna nel ventesimo secolo, perché ora si gioca ad armi pari, dice. A tal proposito gli propone un titolo diverso, meno convenzionale-erotico e più aperto: "L'uomo che amava le donne".
Fra i due inizia una storia d'amore. Genéviève è la sola che sembra averlo capito nel profondo, per questo rappresenta la sua ultima speranza di cambiare, ma la notte di Natale, solo, senza alcun libro da scrivere, senza trovare, scorrendo la sua agenda, nessuna donna disposta a vederlo, si spinge lungo la via per inseguire delle gambe, avrà un incidente e morirà in ospedale, sognando l’isola delle donne (di cui gli aveva parlato la ragazza delle assicurazioni, a inizio film), mentre cerca di guardare le gambe di un'infermiera.
Al cimitero, Geneviève osserva tutte le donne presenti al funerale, e pensa che esse stiano scrivendo il finale dell’opera di di Bertrand, e che di tutte loro rimarrà traccia nel libro scritto da lui, anche se lei è l'unica ad averlo conosciuto in modo completo, è infatti lei che ce lo racconta sottolineando che la nostra cultura pretende di farci trovare tutto in una sola persona, ma in verità ognuno di noi è diverso, per questo Bertrand aveva bisogno di incontrare tante amanti... di fatto però Truffaut lo fa morire. Forse è cosciente che il progetto è molto difficile da attuare.
Guardando la recente uscita in DVD su Fabrizio de André, ho ascoltato una sua frase che mi ha fatto sorridere e pensare a Bertrand Moraine. Diceva più o meno così: "La fedeltà è come avere un fastidioso prurito e non potersi grattare".
Argomento complesso e banale, mi viene da dire.
Guardando la recente uscita in DVD su Fabrizio de André, ho ascoltato una sua frase che mi ha fatto sorridere e pensare a Bertrand Moraine. Diceva più o meno così: "La fedeltà è come avere un fastidioso prurito e non potersi grattare".
Argomento complesso e banale, mi viene da dire.
-Nel link che segue, esporrò l'analisi del film.
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