martedì 20 aprile 2010

"Les quatre-cents coups" parte uno. Trama

Les quatre-cents coups, The 400 blows, I 400 colpi. Film di François Truffaut del 1959.
François Truffaut e Jean Pierre Léaud.
Titolo: Les quatre-cents coups.
Sceneggiatura: François Truffaut, Marcel Moussy.
Durata: 99 minuti, Bianco e nero.
ProduzioneLes films du carrosse.
Dedicato ad André Bazin.

Logline. 
Un ragazzo parigino cerca di conquistare l'affetto dei suoi  genitori, senza riuscirci. Fallisce anche con la scuola, così fugge da scuola e dalla famiglia, sognando un futuro di indipendenza, ma finisce in un riformatorio per il furto di una macchina da scrivere, denunciato dal patrigno ed abbandonato al suo destino. Tenterà un'ultima fuga, questa volta dal penitenziario, ma anch'essa non avrà successo.  


Trama. 
La macchina da presa vaga lungo le vie di Parigi, soffermandosi sulla Tour Eiffel, molto amata dal regista, che ci conduce bruscamente, dall'esterno di una città immensa, allo spazio ristretto di un'aula scolastica anonima, nella quale uno studente, Antoine Doinel, viene punito ingiustamente per colpa di una cartolina raffigurante una Pin Up "Caduta dal cielo", e finita nelle sue mani. Arrabbiato col professore, che gli impedisce di fare pausa con gli altri, Doinel resta in classe e scrive propositi di vendetta sul muro. Appena scoperto, viene punito nuovamente dal professore. Dovrà cancellare la scritta, e dovrà coniugare in tutti i tempi dell' indicativo, condizionale e congiuntivo la frase:
"Io insozzo i muri della scuola e faccio scempio della metrica francese". 
Mi ha fatto pensare a Charles Bovary, personaggio di Gustave Flaubert, punito dal professore in classe:
"...Quanto a lei, Bovary, copierà venti volte il verbo Ridiculus sum". 
Per Doinel il compito è più articolato rispetto a quello di Charles, ma è forse più umiliante. In classe, mentre cerca di pulire la sua scritta, che finisce col macchiare ulteriormente il muro, il professore detta ai ragazzi la poesia "La lepre" scrivendola anche sulla lavagna, affinché essi possano copiarla. Questo metodo didattico, ai tempi molto in auge, prevede un approccio passivo da parte degli studenti, perché si limita ad una acritica memorizzazione di parole che passano dalla lavagna ai fogli dei ragazzi, quindi nella loro mente.

A fine lezione, il regista ci porta nella piccolissima abitazione di Doinel, lo seguiamo nella stanza di sua madre, e lo vediamo seduto davanti a specchi che rimandano l'immagine di una individualità frazionata, scissa, non ancora ben delineata e, come dicevamo, forse non a caso, è seduto in un ambiente che appartiene a sua madre.
Poco dopo, seduto a tavola, in cucina, cerca di ultimare il suo compito in classe, interrotto dal rientro di sua madre, che è nervosa e si rivolge al figlio freddamente, mandandolo ad acquistare della farina. Ora è lei che si osserva allo specchio. La sua immagine, a differenza di quella di Antoine, è nitida e non frammentata.
Davanti al negozio, in fila per la spesa, Antoine ascolta due donne mentre parlano dei dolori del parto, del sangue, ed il senso del discorso sembra essere che avere figli è un'esperienza negativa. Il tema del parto viene riproposto a cena, quando la madre di Antoine parla di una cugina, incinta per la quarta volta. Lei trova che sia disgustoso, rafforzando il discorso delle due donne al negozio ed andando oltre. Per lei avere tutti quei figli denota "cattivo gusto".

I due adulti, a cena, parlano di Antoine come se egli non esistesse, come se fosse un peso per loro.
"Che si fa di lui per le vacanze?" 
Chiede il padre, e la madre risponde:
 "hanno inventato le colonie per questo" . 
Dopo cena Antoine deve gettare la spazzatura, trattato egli stesso come qualcosa di cui liberarsi. Il suo pigiama è logoro, strappato. Dorme in un sacco a pelo perché sua madre non gli ha comprato una nuova coperta coi soldi che suo marito le aveva dato per farlo. Ognuno di questi dettagli somiglia ad un atto di accusa verso la madre assente. A suo modo, il patrigno sembra più affettuoso verso di lui, anche se poi lo manderà in riformatorio.

Il mattino seguente, svegliato bruscamente da sua madre, Antoine si sveglia, si lava, pulisce lo specchio appannato del bagno (di nuovo lo specchio) ed una voce OFF, che è quella del professore in classe, gli ricorda del compito che lui non ha svolto. Come Lucignolo con pinocchio, René propone ad Antoine di marinare la scuola. I due vanno al cinema, poi in un luna park, Antoine sale su una giostra, ed in questa scena possiamo notare un brevissimo cameo hitchcockiano in cui Truffaut che gli apre la porta.
Sulla via del rientro, i due incontrano la madre di Doinel con l'amante. Entrambi stanno infrangendo una regola, quindi decidono di ignorarsi a vicenda. Per tornare a scuola, Antoine ha bisogno di una giustificazione. Copia quella di René ma, per un lapsus freudiano, scrive "René" invece di "Antoine". Quando è ora di entrare in classe, René gli consiglia  di dire una bugia:
"...Più è grossa più è credibile"
Così Antoine inventa che sua madre è morta. E' una rivelazione inconscia al dolore di saperla con un amante. Secondo Lachenay, amico d'infanzia del regista, che nel film è interpretato da René, Truffaut era innamorato di lei che invece lo ignorava.
Scoperta la bugia, i genitori vanno a scuola. Il patrigno gli dà uno schiaffo davanti a tutti. Lui fugge e decide di non tornare a casa. Grazie all'aiuto di René, trascorre la notte in una stamperia, setting che evoca echi balzachiani. Scrive una lettera ai suoi genitori nella quale esprime il proposito di andare a vivere da solo, e di voler trovare  un lavoro per mostrare di che stazza è fatto. A fine lettera aggiunge:
"...vi spiegherò tante cose". 
La madre, preoccupata per eventuali dichiarazioni sulla sua relazione, va a prenderlo a scuola interrompendo la lezione di inglese durante la quale il professore chiede a René:
"Where is your father?"
Lui non sa rispondere, né riesce a pronunciare la domanda. Anche il padre, in generale, è una figura assente nel film. Il professore domanda ad un altro studente:
"Where is the girl?
Egli risponde, sbagliando pronuncia:
"The girl is on the bic
Il professore lo corregge. "... Beach". Troviamo quindi un'altra allusione semantica, perché questa parola rimanda a "bitch", che significa "prostituta" Non esattamente una coincidenza, visto che è pronunciata un istante prima dell'arrivo della madre di Antoine, e dopo aver stabilito che il padre...non si sa dove sia.
La donna si mostra affettuosa, e "propriamente" madre, per l'unica volta nel film: Gli fa il bagno, gli parla del suo diario da ragazza, che un giorno lui leggerà, e lo invita a continuare gli studi perché a scuola si impara a scrivere, e scrivere serve a comporre lettere. Antoine promette di fare un buon compito e la madre risponde che se l'esito sarà positivo, gli darà 1000 franchi, e la cosa rimarrà un segreto fra loro. Insomma, cerca di comprarsi il suo silenzio, ovvero, come dice lei "di domarlo".

A scuola è c'è una lezione di educazione fisica. Tutti si dileguano in giro per la città. La scuola appare di nuovo drammaticamente inadeguata nel seguire i giovani perché è troppo distratta o troppo autoritaria, ma non è mai volta alla comprensione dei ragazzi, né alla comunicazione.

A casa, Antoine legge "La recherche de l'absolu" di Balzac, che significa "La ricerca dell'assoluto", e intanto fuma. Finita l'ultima parte (Eureka: "Ho trovato", espressione attribuita ad Archimede che era arrivato a trovare delle risposte ai suoi esperimenti), crea un "santuario" a Balzac, con tanto di cero e foto. 
Il compito in classe consiste in una composizione su un argomento che ha commosso gli studenti. Doinel  parla della morte del nonno pensando ad "eureka", l'ultima parola nel libro di Balzac. Durante la cena coi genitori, l'altarino di Balzac prende fuoco. Antoine piange per la prima volta. Il padre minaccioso cita il riformatorio, anche se lui non sa bene cosa sia. Sua madre però vuole fidarsi di lui e decide di portarlo al cinema Gaumont
Il cinema rappresenta l'unico momento realmente felice del film ed il solo momento di unione familiare. Vanno a vedere "Paris nous appartient" Di Rivette, che uscirà solo un anno dopo, prodotto da Truffaut grazie agli incassi di "Les quatre-cents coups". 
Antoine si aspetta il massimo dei voti, invece prende uno zero perché ha copiato Balzac, che aveva imparato a memoria. Nel caso della poesia La lepre, era chiesto ai ragazzi di copiare, in questo caso, l'aver ricordato a memoria e riproposto acriticamente un testo, gli comporta un bruttissimo voto. 

Doinel non è un ragazzo pigro, semplicemente, constatiamo l'inefficacia delle sue intenzioni, proprio come accade al ragazzino che, durante la dettatura della poesia non fa che sporcarsi le dita con l'inchiostro e ricominciare da capo, finché non finisce i fogli. Come lui, Antoine sembra destinato a fallire. Più prova a comportarsi in modo virtuoso, più si caccia nei pasticci, come un eroe romantico predestinato al fallimento e perciò simpatico al pubblico. 

Doinel decide una nuova fuga. Sarà ospite di René, a sua volta espulso fino a Natale. Per strada parlano del mare che Antoine non ha mai visto. Tutta la scena ricorda il film di Jean Vigo "L'Atalante" per via dei numerosi gatti nella stanza, che contiene anche un cavallo a grandezza naturale, una bizzarra opera d'arte molto costosa. C'è caos ovunque. 
I due ragazzi vagano lungo le vie di Parigi, in zona Sacro cuore, a Montmartre. E' difficilissimo, forse impossibile, nella vita reale, trovare quelle scale deserte, quindi la suggestione è forte. Rientrano a casa, cenano (gag col padre di René) poi vanno al cinema e all'uscita rubano un manifesto di "Monica e il desiderio" di Ingmar Bergman (il film contiene una scena molto simile al finale di I 400 colpi)
Locandina.

A casa lanciano carte dal tetto, evocando immagini di rivolta del film "Zero in condotta" di Jean Vigo. Studiano come fare soldi, poi vanno a teatro di burattini pieno di bimbi. Il regista coglie la spontaneità delle loro reazioni emotive allo spettacolo, tramite una telecamera nascosta. Durante la visione, i due progettano il furto della macchina da scrivere del patrigno per portarla a monte dei pegni, ma alla fine ci ripensano e la riportano indietro. Colto sul fatto, Doinel finisce in prigione nonostante stesse rimettendo a posto la macchina da scrivere. Il padre non l'aiuta e fa in modo che rimanga in carcere. Antoine è intimorito fra veri delinquenti e prostitute. 

Il secondo e ultimo momento di tutto il film in cui Doinel piange (La prima volta piange per l'incendio dell'altarino a Balzac) è sul camioncino cellulare dei militari che non è incluso nella scena. In questa scena vediamo il mondo dal suo punto di vista, dai suoi occhi... quindi il luna park, la città vista da dietro le sbarre. Gli viene chiesto di firmare un foglio, ed è dentro.

Sua madre parla con il direttore, il quale gli chiede se è vero che il ragazzo rimaneva solo nei fine settimana (come accadde a Truffaut nella vita reale) e lei conferma, perché suo marito ama lo sport e il figlio il cinema. La donna vuole che il riformatorio del figlio sia vicino al mare, che lui non ha mai visto, neanche fosse una colonia (citata in principio dalla donna come posto in cui parcheggiare il figlio per le vacanze estive).

In mensa, Doinel si becca un secondo schiaffo (Il primo l'aveva avuto a scuola dal patrigno) del tutto gratuito, perché ha toccato il pane prima degli altri. La scena provoca un'inevitabile emozione nello spettatore, che si ritrova totalmente dalla parte del bambino. 
Arriva l'ora delle visite. L'amico René che è andato a trovarlo, con gioia di Antoine, ma non lo fanno entrare. La madre invece entra, ed è fredda almeno quanto Antoine è deluso. E' andata lei sola perché il padre non vuole sapere più nulla, se ne lava le mani, per via dell'ultima lettera che Antoine gli ha scritto sperando nella sua complicità (e invece l'ha "addolorato"). In questo film, i messaggi scritti da Antoine risultano sempre inefficaci, come già era successo per I Mistons. 

Il finale si svolge in carcere, dopo essere passati per le strade di Parigi, la scuola, la casa del ragazzo, il cinema, il luna park, la casa di René, ci troviamo nel luogo più claustrofobico di tutti, il carcere. 

I piccoli delinquenti vengono accompagnati in fila indiana a giocare a pallone (la scena è speculare a quella dei ragazzi a scuola durante l'ora di educazione fisica, ma in carcere è impossibile fuggire). Approfittando del buco in una rete, Antoine tenta l'impossibile, fugge verso il mare, così come prima era fuggito da casa, e prima ancora da scuola. 
In francese, la parola "madre", si scrive "mère" e si pronuncia/mзr/come "mer", di "mare". Entrambe al femminile. La corsa del ragazzo viene ripresa con un lunghissimo piano sequenza, in stile neorealista. Molti infatti, associano la fuga di Doinel alla corsa di Edmund in "Germania anno zero" di Rossellini. 

La corsa di Antoine (finale del film)  ... per alcuni si tratta del più bel finale di tutta la storia del cinema. La corsa è lunga ed affannosa, e racconta la paura del ragazzo mescolata alla sua voglia di libertà, la certezza di essere solo, senza genitori, ed è difficile trovare uno spettatore, uno solo, che non sia dalla sua parte. La corsa finisce in prossimità del mare, che non aveva mai visto prima, e che rimanda per questo ad un' idea esotica, di piacere ed evasione. Il punto di passaggio fra la terra e l'acqua è però il limite oltre il quale non si può andare. 
Ancora una volta la /Mзr/ non gli è di alcun aiuto, e anzi, rappresenta un ostacolo. Antoine si volta allora verso la macchina da presa con uno sguardo perso e spaventato. Segue un fermo immagine sul volto del ragazzo, e sentiamo la stessa musica che avevamo sentito ad inizio film. 
In paesi come la Russia e la Spagna, il finale è intollerabile. Il ragazzino è lasciato solo dagli adulti, e peggio, dai genitori. Aggiungono così una voce OFF per spiegare allo spettatore che il film non finisce così, perché, una volta ripreso, Antoine è stato infine "rieducato" da un istituto... A peggiorare le cose, la dichiarazione di essersi ispirato a storie vissute in prima persona da parte del regista. Niente è più intollerabile della verità, quando è una verità così poco edificante.


FIN


Link all'analisi del film I 400 colpi.
In questo link, tratto molto di ciò che accade attorno, durante e dentro al film I quattrocento colpi, un film "oggettivamente soggettivo" dalla struttura circolare. Se ti interessa, troverai anche informazioni circa il ciclo Doinel, le dediche di Truffaut a vari registi ed amici, la sceneggiatura, scritta con Marcel Mussy, le influenze cinematografiche subite, il rapporto del regista con l'infanzia, il caso Langlois e molto altro ancora. 















































sabato 17 aprile 2010

Une histoire d'eau 1958


A inizio primavera del 1958, un'improvvisa esondazione colpisce la regione parigina. Truffaut pensa di girare delle immagini sui luoghi colpiti per poi realizzarci una storia a soggetto (tipo inseguimenti alla Hollywood), ma all'arrivo della troupe l'acqua si sta ritirando e c'è imbarazzo per chi dell'evento naturale, patisce i danni. Truffaut decide allora di non farne più niente, ma Godard, che aveva partecipato al progetto chiede di poter montare le pellicole, e trasforma il tutto nella storia di due ragazzi che approfittano del disastro naturale per lasciare la banlieue (periferia, sobborgo)  e recarsi a Parigi, dove realizzeranno il loro sogno d'amore. I titoli di coda saranno letti (dallo stesso Godard) anziché scritti: " Sappiate che è un film realizzato da François Truffaut e Jean Luc Godard... ecco signore e signori, è finito"
Il fatto che ci interessa rilevare è che, in fase progettuale, Truffaut rinunica ad ogni atteggiamento documentaristico, fatto sintomatico del suo modo di percepire il cinema.
Dirà: "...I cinefili non amano i documentari", o anche "ho sempre preferito il riflesso della vita alla vita stessa. Quando ho girato Jules et Jim ho scelto uno chalet, né un prato, né una foresta. Essendo un regista, sapevo che mi occorreva lo chalet più bello, per il bene del film. Se mi venisse chiesto quali sono i luoghi che ho più amato nella vita, risponderei la campagna di Murnau o la città dello stesso film, ma non citerei un solo posto che ho realmente visitato, perché non visito mai nulla...non amo i paesaggi, né le cose; amo le persone, mi interesso alle idee, ai sentimenti"
Dichiarazioni simili ricordano quelle di un autore del passato molto amato dal regista: Honoré de Balzac che, in una lettera alla sua amata Mme Hanska, nel 1836 afferma disilluso: "Ho raccontato il desiderio invece di viverlo" , e anche questo mi sembra, significa preferire il riflesso della vita alla vita stessa. Lo scrittore si era auto-recluso nella dimora Parigina non lontana dalla Tour Eiffel (non ancora nata ai tempi!) per vivere come un forzato delle lettere. Dormiva solo tre ore per notte, e il resto del tempo l'impiegava a inventarsi il mondo (quello della comédie), a bere litri di caffé e a fuggire dai suoi creditori. Truffaut svolge una vita molto più "sociale" e tuttosommato tranquilla, ma il senso delle due riflessioni è piuttosto vicino.
Une histoire d'eau....parte del film in lingua francese.   (Sottotitoli purtroppo in tedesco)
Con questo progetto finisce la fase dell'apprendistato. Il suo prossimo film sarà "Les quatre-cents coups", che inizia agirare verso novembre del 1958. Il film sarà dedicato ad Andé Bazin che muore proprio un giorno prima dell'inizio delle riprese. Con la sua morte, Truffaut perde un grande amico, un più che padre, un mentore che l'accompagna fino all'alba del suo successo, senza poterne godere, lui che aveva avuto un ruolo così importante per Truffaut e per tutti i "giovani turchi" della Nouvelle Vague.


mercoledì 14 aprile 2010

Les Mistons

"Les Mistons"[I monelli] 1958, è il primo film realizzato da "LES FILMS DU CARROSSE" (Il nome della casa di produzione è un omaggio di Truffaut a Jean Renoir, noto regista, e al suo: "La carrosse d'or" del 1953, nel quale recita anche Anna Magnani.). Si tratta di una società di produzione nata grazie alla partecipazione in termini economici, del futuro suocero del regista, il padre di Madelaine Morgenstern. La cosa volge in favore di una maggiore libertà creativa, permettendogli di investire su film nuovi rispetto alla voga del tempo, che perciò erano sperimentali e in un certo senso, rischiosi, anche se si tratta di film a basso budget, quindi anche in caso di fiasco, la perdita non sarebbe stata troppo importante.

Il film riceve al festival di Bruxelles il premio miglior regia, possiamo quindi considerarlo il primo vero passaggio dal lavoro di critico a quello di regista. Si tratta ancora di un cortometraggio ed è in bianco e nero, come "La visite". Per la prima volta Truffaut adatta un testo letterario, si tratta di :"Virginales" novelle di Maurice Pons. (Lo scrittore compare nella parte finale de: "I 400 colpi" fra i visitatori al riformatorio) 

Il suo metodo di adattamento, consiste in un processo di condensazione, che significa sostanzialmente, leggersi tutto dell'autore (così che per un "problema Pons" ci sia una soluzione Pons) per restituirne lo spirito e non necessariamente la precisione stilistica (abolisce quindi il procedimento "inventare senza tradire" dei due sceneggiatori più in voga negli anni cinquanta: Aurenche e Bost, che per rendere sullo schermo parti di romanzo non girabili, finivano col riscriverne delle parti, e secondo Truffaut, trattandosi di adattamenti di artisti quali: Radiguet, Bernanos, Stendhal o Gide, la cosa era particolarmente scandalosa, tanto che a suo avviso i due si rendevano autori di: "Poca invenzione e molto tradimento"). Ovviamente, in linea con la sua idea di realizzare dei "film d'autore", il film diventa ogni volta un' occasione per il regista di arricchire l'opera con la sua percezione del mondo, finendo così con l'incastrare il proprio essere a quello dello scrittore, così che il lavoro finale sia più di una mèra mise en scène del testo di un'altro, e il cinema non sia più considerato un sottoprodotto della letteratura. Finito di girare, scrive una lettera a Pons avvertendolo di aver reso l'opera talmente sua che forse faticherà a riconoscercisi.

In questo lavoro anticipa molte delle tematiche base del più maturo Truffaut: La crudeltà dell'infanzia, l'amore e il carattere fugace della felicità, la fuga del tempo, l'instabilità della coppia, oltre che la tendenza ad usare il messaggio epistolare e scritto per rivelare segreti, echi del mondo privato e intimo del personaggio e, indirettamente del regista.


TRAMA: Bernadette Jouve (Bernadette Lafont) è amata dal suo fidanzato, Gérard (Gérard Blain), che è un insegnante di educazione fisica, e da cinque ragazzini, Les mistons (I monelli) che guardandola passare per strada, ne sono attratti e, capita l'impossibilità di vedere realizzato il loro desiderio, iniziano a farsi aggressivi verso il comune "nemico", la ragazza. Le loro invettive si limitano a scritte sui muri, inseguimenti, tentativi di spaventarli, e infine una cartolina indirizzata alla ragazza, ma al ritorno dalle vacanze, troveranno un'amara sorpresa. Apprenderanno da un giornale che Gérard, partito per tre mesi in montagna, è morto in un incidente. Quindi il fato ha operato la vendetta sognata dai ragazzi, ma vedere Bernadette in lutto, triste e assente, è per loro motivo di amarezza. In qualche modo, con la morte di Gérard, muore la loro infanzia e inizia l'adolescenza. Per Bernadette, è la fine delle illusioni, e forse non a caso, nel penultimo film di Truffaut, "La femme d'à còté" troveremo un'altra Mme Jouve, ma è una donna matura.

In comune con la giovane di "Les mistons", Mme Jouve ha il tennis: la prima ci gioca, la seconda gestisce un club. Altro punto in comune: sono sole, lasciate dal loro uomo, la giovane è stata lasciata per cause di forza maggiore, la morte! Mme Jouve invece, si trova sola perché il suo uomo non è più tornato dalla nuova Caledonia, sposando un'altra. Se fossero poesia, questi due personaggi finirebbero col rappresentare i due stadi della vita narrati da William Blake nelle sue "songs..."la giovane Jouve, sarebbe una "song of innocence", che è la poesia della gioventù, delle speranze, della confidenza nel futuro. Nel film la ragazza ci è raccontata da uno dei Mistons, che rivive il passato, ed è come se Bernadette non avesse voce su un destino che in fondo non è ancora in grado di comprendere e gestire.
Veronique Silver -Mme Jouve
La signora della porta accanto
La seconda Jouve sarebbe invece, in ottica blakiana, una "song of experience", quindi forgiata dall'esperienza della vita, che inevitabilmente l'ha cambiata, rendendola più prudente, tanto che, quando il suo ex amante annuncia una sua visita, dopo tanti anni, lei non si fa trovare. Non vuole che l'uomo la veda zoppa, non vuole che sappia di quel tentato suicidio che le fu quasi fatale. Diverso il caso per Mathilde e Bertrand (Fanny Ardent e Gerard Dépardieu) che, ripetendo un errore del passato, finiranno col morirne, rendendo ancora più preziosa la figura di Mme Jouve, voce narrante (il contrario rispetto a Les mistons), nonché la sola ad aver conosciuto e compreso il dramma dei due amanti.

Scena finale di "La signora della porta accanto"   (Clicca sulla scritta per vedere il video)
"ni sans toi ni avec toi" è l'epitaffio che Mme Jouve vorrebbe per "ces deux la" ma nessuno gli chiederà mai un parere. Infine, come Jim e Kate (Jules et Jim) i due non saranno tumulati insieme.

Tornando a Les mistons, il film ha una struttura circolare, inizia con la ragazza che corre in bicicletta lungo una via le cui luci e ombre sono molto marcate (anticipando il dramma che seguirà), e finisce con lei che cammina fissando il vuoto ed è vestita a lutto. In entrambe i casi, spettatori curiosi e distanti: I monelli. Noto per altro che anche in Jules et Jim ci sono almeno due scene in cui i protagonisti si muovono in bicicletta (in curva) come Bernadette, e anche il loro amore finirà in tragedia, solo che in quel caso è una tragedia organizzata a tavolino dalla vendicativa Kate, cosa che ci rimanda di nuovo a "La femme d'à còte" e alla massima: "ni sans toi ni avec toi" che a ben vedere, sarebbe una massima giusta anche per Jim e Kate.


Sopra "Les Mistons"
Sotto "Jules et Jim"



Vediamo ora il ruolo ricoperto dal messaggio scritto nel film:
La scrittura in questo film assume il ruolo di arma: Constatata l'impossibile realizzazione dei propri desideri nei confronti di Bernadette, i ragazzini si vendicano scrivendo sui muri che la ragazza si è fidanzata con Gérard. Scrittura incerta, come accade a chi vive la fase di apprendimento del codice linguistico. Il loro gesto non porta conseguenze di alcun tipo, e la scrittura risulta quindi un'arma del tutto inefficace, privo di effetti per entrambi. (non sarà così per Antoine Doinel, di "i 400 colpi" punito per aver scritto sul muro della scuola, ma lo vedremo meglio a suo tempo)

http://www.the-plumebook-cafe.com/un-coeur-virginal/
I vari tentativi compiuti dai monelli, di spaventare, o irritare la coppia, falliscono tutti, e in un caso uno di loro si becca anche uno schiaffo (Come Antoine Doinel: In classe, da suo padre che ha scoperto la menzogna da lui raccontata all'insegnante, cioè che la madre è morta, e in riformatorio, per non aver rispettato una regola, in entrambe i casi si tratta di un potere autoritario e superiore che inibisce l'autonomia e il potere del ragazzo rispetto a un adulto). L'attacco finale dei mistons è: una cartolina che ritrae un uomo che bacia una donna sulle spalle. [foto a inizio blog] Il loro intento è di spedirla alla ragazza per offendendola. Tutti e cinque firmano l'immagine, affermando così la propria identità e assumendosi piena responsabilità (o secondo il loro punto di vista: merito) del loro operato.

Questa cartolina è la prima citazione di Balzac nell'opera di Truffaut. Si tratta nello specifico di "Le lys dans la vallée", il giglio nella valle, uno dei rari romanzi Balzachiani dai toni marcatamente autobiografici e ambientato in provincia (Negli altri romanzi usa soprattutto Parigi per mettere in scena la sua comédie). Truffaut, secondo la testimonianza dell'amico Lachenay, rimase da subito folgorato da questo romanzo sull'amore puro, quindi irrealizzabile. Felix de Vendenesse aveva baciato il suo "giglio" sulla spalla, e quel bacio era diventato il simbolo di un amore impossibile, perché lei era sposata. Allo stesso modo, Bernadette è un amore impossibile per loro. Il romanzo sarà ancora citato in "Baci Rubati" del 1968, quando Antoine Doinel, invaghito della moglie di Tabard,(mercante di scarpe che ha pagato un'agenzia investigativa per scoprire se la moglie lo tradisce. Doinel, pur essendo l'investigatore, si innamora di lei, si incontrano e a un regalo di lei unito a un breve messaggio, lui risponde con una lettera colma di desiderio e dell'impossibilità di realizzarlo perché lei è sposata. Doinel vuole ricreare una situazione letteraria elevata, nobile, per quanto... fuori luogo, tanto che gli esiti saranno diametralmente opposti, e l'amore fra i due verrà consumato.)

La risposta a questa cartolina dei mistons, è un foglio di giornale, scrittura "ufficiale" e definitiva che annuncia la morte del giovane ragazzo. Per i monelli è come un risveglio amaro. La voce off che per tutta la durata del film, ci racconta quel che era accaduto, si giustifica dicendo che in loro c'era curiosità e non cattiveria. Quindi Bernadette è ricordata con pena più che con imbarazzo. In ogni caso, quell'evento segna il passaggio per i ragazzi allo stato adolescenziale, e quindi rappresenta anche la morte della loro infanzia, della loro purezza, giacché hanno appreso la natura estremamente fugace della vita e ancor più, dell'amore, che ai loro occhi incarna comunque una fonte di mistero e forte desiderio.


Ultima forma di scrittura citata nel film: La lettera mancata: la parola d'amore impedita dalla morte. Un attimo prima della partenza del treno dalla stazione, Gérard aveva promesso alla fidanzata di scrivergli spesso e di sposarla al ritorno... non accadrà mai. In più di una circostanza, Truffaut filma coppie che si salutano in prossimità di un treno, promettendosi lettere o messaggi scritti che poi non si invieranno mai. Penso a Claude Roc e Muriel di "Le due inglesi e il continente" (1971) che si erano promessi di scriversi pagine di diario da scambiarsi dopo l'anno di separazione forzata che i genitori avevano voluto per loro, ma di li a poco Claude romperà il tacito patto, lasciando la ragazza in uno stato di profonda disperazione. L'impressione che se ne ricava, è che il messaggio d'amore scritto non ha forse la forza necessaria per sopravvivere alla lontananza fisica.


Detto questo, non possiamo non sottolineare che Les Mistons è, prima di ogni altra cosa, il film di un cineasta che ama il cinema. La citazione è un atto tutt'atro che raro per la Nouvelle Vague. Lo si fa per dimostrare di avere ormai appreso a padroneggiare la cultura della loro arte, tanto da essere pronti ad un cinema nuovo e moderno, e proprio nel 1960, cioè un anno dopo la nascita della nouvelle vague, la storia del cinema data il passaggio dal sonoro al cinema moderno.

Le citazioni in questo film sono davvero tante. Pensiamo in principio al gioco dei bambini...il verbo inglese "to play" equivale nella traduzione al nostro "recitare", e lo stesso dicasi per il francese "jouer" che significa appunto, "recitare", così come "suonare". Quindi attraverso il gioco dei bambini, mima generi cinematografici precisi: il cinema USA, cioè le gangster's story, i western... e gli indiani, i soldati ... ma anche il cinema Francese, a partire dalle sue origini. Truffaut ripropone una scena che evoca "L'arroseur arrosée" Dei Lumières, quella dell'uomo che finisce col bagnarsi con un tubo, quindi la nascita del genere comico! Eppoi... Jean Renoir, per la messa in scena, Jean Vigo (Zéro de conduite) per la disobbedienza dei ragazzini, che qui rimane impunita (ma non lo sarà in "I 400 colpi"!) e poi Rivette "Le coup du berger" citato direttamente nella scena dei baci al cinema (i bambini vanno al cinema, e lo faranno anche Antoine e René nel film successivo). Delannoy, mal-trattato perché il suo "chiens sans collier", storia che intende trattare di criminalità infantile ma che, avvalendosi del divo Jean Gabin, finisce con l'incentrare tutta la storia sull'uomo di legge, quindi il film non parla più dei ragazzi, ma dei metodi "ufficiali" per recuperarli, e diventa un film "ideologico", o anche "moralizzatore",Truffaut vuole invece un film in cui i bambini siano i veri protagonisti, e vuole che parlino la loro vera lingua e non quella degli adulti. Nel film i monelli strappano la locandina di Delannoy e gli fanno il verso con una canzoncina: "colliers perdus sans chiens" cosa che il regista non prese affatto bene!


Les Mistons -Scena iniziale.  (Prima avevo allegato tutto il film, ma poi you tube l'ha rimosso, quindi devo adattarmi. Comunque è un bel film e spero vi capiti di vederlo.)
... Si noti l'immagine tremula, quasi da vertigine con cui ci è reso il vagare della ragazza in bicicletta. La Nouvelle Vague vuole far sentire la M.d.p. (macchina da presa), cosa che contrasta apertamente con la tendenza Hollywoodiana e anche francese, che era quella di non far sentire la camera, di illudere il pubblico che tutto fosse vero. Ma il cinema è finzione oltre che consapevolezza, ed è tempo che anche il suo pubblico se ne renda conto.


Malena - G. Tornatore. qui invece un link di "Malena" di Giuseppe Tornatore. (2000) Come in Les Mistons una voce off, che è quella di un uomo che ricorda della sua infanza, quindi della guerra, ma anche e soprattutto di una donna di cui lui e i suoi amici si erano invaghiti, Malena (Monica Bellucci). Nel filmato che allego, c'è una scena che mi ha fatto pensare a Les mistons, cioè quella in cui lei attraversa a piedi la strada e i ragazzi, seduti in fila su un muro la osservano con evidente desiderio. Certo, per Tornatore l'esito è molto diverso. Malena si ricongiungerà al marito grazie a quel ragazzino che trova il modo di fargli sapere di sua moglie. Comunque è bello scorgere l'esistenza di parte di un tipo di cinema all'interno di un' altro cinema.

Come per "les mistons", in "Malena" non mancano pezzi in cui i  ragazzi siedono e osservano Bernadette che cammina, la differenza è che qui i ragazzi sono più grandi d'età e che solo uno di loro è innamorato davvero della donna, comunque guardando determinate scene, mi è capitato di pensare spesso a "les mistons".





www.openculture.com   Grazie a Lidia Borghi per la segnalazione di questo link in cui è possibile vedere il film per intero. 

martedì 13 aprile 2010

La visite 1955



La prima prova registica di Truffaut, è un cortometraggio in 16 millimetri, muto, in bianco e nero dal titolo "La visite", (alcuni testi scrivono: "Une visite"). Il film è impresso su una pellicola che l'amico Robert Lachenay (per l'occasione, suo produttore) gli ha procurato. Si tratta di un lavoro fra amici: Jacques Rivette lo aiuta per la fotografia, Alain Resnais col montaggio, Doniol-Valcroze gli presta il suo appartamento per le riprese, e sua figlia Florence recita una piccola parte. (La bimba compare anche nella scena delle marionette ne: "I 400 colpi")

Riporto qui di seguito le parole esatte di Truffaut in merito al film:
" La storia è quella di un ragazzo che cerca una camera tramite gli annunci sui giornali. Una ragazza risponde per telefono, egli arriva al suo appartamento con la valigia; entra e cade lungo disteso sul pavimento, cosa che fa ridere la ragazza. Lei ha un fratello (io ero il solo a sapere che era suo fratello, lo spettatore non capiva niente); il fratello è malamente sposato e arriva per affidare la figlia di 5 anni alla sorella. Dunque nell'appartamento ci sono, il nuovo locatario, la ragazza e la bambina (Florence, Con cui scopre il piacere di far recitare i bambini)".
Uso le sue parole perché ho trovato trame discordanti: per alcuni l'uomo che va a trovare la ragazza non è il fratello ma il cognato, e la corteggia anche lui, quindi il solo modo per evitare incertezze era farselo raccontare dal regista stesso.

Il solito senso ipercritico del regista si scaglia contro il suo primo film, che egli definisce brutto.
Per reazione ai film amatoriali di allora che erano pieni di sangue, ha voluto girare un film: "nel quale tutto fosse molto bianco e molto chiaro, perché potesse assomigliare ad una commedia di Cukor. Era assurdo: volevo fare un film di dialoghi, dal momento che non c'era il sonoro!"
Poche parole che bastano per indovinare l'anticonformismo di chi rifiuta di adeguarsi al gusto corrente e preferisce volgere lo sguardo al passato, al cinema classico e a quel che di buono ha prodotto. Questo non preclude il suo gusto per la ricerca e l'avventura, che a tratti lo spinge verso l' impossibile, cioè voler fare un film di dialoghi senza il sonoro!

Si pensò a lungo che il film fosse andato perduto, poi a inizio anni ottanta comparve la copia che Lachenay aveva regalato a Truffaut e che questi aveva fatto registrare su una pellicola da 35 millimetri.